Pellegrinaggio: mettersi accanto per illuminare la vita

Turismo Spirituale


Pellegrinaggio: mettersi accanto per illuminare la vita

Spinto da una grande nostalgia di infinito, di trascendenza, l’uomo e la donna di oggi si mette in cammino, nella speranza che magari possa anche verificarsi qualche cambiamento a livello esistenziale. E dal punto di vista pastorale, il pellegrinaggio dovrebbe essere un’esperienza di conversione da animare, partendo da alcuni punti fermi.

IL DISTACCO Farsi pellegrini e mettersi in cammino significa vivere il distacco dalle cose di ogni giorno, rinunciare a oggetti e abitudini che nella ripetitività quotidiana si ritenevano indispensabili. Ecco perché è importante che la comunità cristiana inviti a vivere con sapienza questo processo, ma anche con un po’ di provocazione, del tipo: “Perché non spegniamo lo smartphone durante le ore di cammino!”.

LA FATICA Accanto alla scoperta sorprendente di avere le energie necessarie per potercela fare, il pellegrino fa l’esperienza del proprio limite. Naturalmente, sia l’una che l’altra devono essere considerati test importanti per una maggiore conoscenza di sé, le cui risonanze interiori, accompagnate dalla comunità cristiana ad essere rielaborate con sincerità, diventando fattori di crescita umana e spirituale.

LA COMPAGNIA Il pellegrinaggio regala l’esperienza di una compagnia che si sperimenta unita nel condividere momenti di cammino o di sosta che diventano occasione di conoscenza e di dialogo. È un’esperienza singolare di umanità, alla quale contribuisce la comunità cristiana che si fa abbraccio accogliente. Durante il pellegrinaggio emerge poi quell’elemento costitutivo dell’essere umano che è il bisogno dell’altro.

LA SOLITUDINE Se l’essere umano è fatto per la relazione e la comunione, tuttavia ha bisogno di armonizzare la sua ricerca di condivisione con l’altrettanto necessaria dimensione del silenzio e della solitudine. È forse la componente più difficile del pellegrinaggio, e tuttavia non meno importante della compagnia. Chiaramente, più numerosi sono gli spazi di silenzio e di solitudine che la comunità cristiana garantisce lungo il cammino, e più occasioni si offriranno all’interiorità di ciascuno di sperimentare la dimensione della profondità di un silenzio che da esteriore si fa interiore.

LA MERAVIGLIA Il procedere a piedi, dà il tempo di guardare con più attenzione ciò che si offre al proprio sguardo. Il pellegrino impara a fermarsi; non è più un consumatore, ma un contemplativo. Sa riconoscere e apprezzare le cose così come si presentano ai suoi occhi, non come qualche cosa di scontato, ma come un elemento che può suscitare vari sentimenti, incluso quello della gratitudine.

LA PREGHIERA Nel pellegrinaggio, ovviamente, la comunità cristiana non deve far mancare opportunità per proporre momenti di preghiera, che quasi sempre trovano una inaspettata rispondenza interiore. Ciò che più conta è comunque l’emergere di percezioni e sentimenti forse scivolati nel dimenticatoio, e che, appunto, dispongono il pellegrino alla relazione con un Mistero ridivenuto vicino.

L’AMICIZIA CON GESÙ La preghiera è certamente uno degli strumenti con cui il cristiano mantiene vivo il suo rapporto di amicizia con Gesù. E il pellegrinaggio deve trasformarsi in un’esperienza più profonda di Gesù. È un Cristo che va guardato e contemplato, perché, incrociando il suo sguardo, noi sperimentiamo tutta la simpatia che egli riversa su di noi, quella sympatheia di cui ha dato soprattutto prova sulla croce, quando, facendosi carico dei nostri peccati, ha patito ed è morto per la nostra redenzione. Dallo sguardo contemplativo verso Colui che il Padre ci ha mandato perché imparassimo da Lui come ama il cuore di Dio, nasce il desiderio di “stare con Gesù” e di fruire della sua amicizia, per diffondere attorno a noi il profumo del suo amore. Per garantire tutto questo è necessaria una scelta pastorale forte: affidare ogni cammino e ogni pellegrino che su quel cammino vuole fare un’esperienza di fede ad una comunità vocazionale che si faccia ascolto, accompagnamento, incoraggiamento, sguardo amorevole e profetico, perché il pellegrinaggio sia una vera esperienza generativa di vita riconciliata e di felicità assaporata.

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