Parchi culturali ecclesiali: verso l’accessibilità universale

L’accesso alla cultura è un diritto inalienabile dell’individuo

Turismo Spirituale


Parchi culturali ecclesiali: verso l’accessibilità universale

L’accesso alla cultura, e dunque non secondariamente alla possibilità di muoversi, viaggiare, incontrare, conoscere e confrontarsi, è un diritto inalienabile dell’individuo. Impegnarsi nella direzione di garantire l’accesso al pieno godimento del tempo libero e alla cultura al più ampio numero di persone – comprese le famiglie, i giovani, le persone della terza età o che attraversano condizioni finanziarie ristrette, o possiedono capacità fisiche limitate, o provengono da situazioni geografiche diverse – significa adoperarsi contro ogni forma di discriminazione o di esclusione, operando nella direzione di valorizzare le differenze. Da questi concetti, che richiamano alla responsabilità di sviluppare sistemi culturali e turistici responsabili, sostenibili e solidali, nasce la visione dei “Parchi Culturali Ecclesiali”, nati in seno alla Pastorale del Turismo,Sport e Tempo Libero della Conferenza Episcopale Italiana, per intuizione di Mons. Mario Lusek. Nelle linee guida, tutte le Diocesi italiane sono invitate a recepire e offrire opportune indicazioni di integrazione, socializzazione, inclusione e protagonismo delle attività culturali e ricreative: non soltanto accessibilità dei luoghi, che pur rimane un punto cruciale, ma accessibilità all’informazione, alle opportunità, ai servizi e alle esperienze di vita. In altre parole, una “accessibilità universale”. Non a caso, parole come “accoglienza”, “ospitalità”, “comunità”, “cammino”,“spiritualità dei luoghi”, “interculturalità”, “dialogo interreligioso”,costituiscono un dizionario condiviso tra religione e turismo. Soprattutto qualora, per rispondere alle più evolute esigenze dell’uomo contemporaneo e del suo desiderio di viaggiare e investire il proprio tempo libero in direzione di una crescita personale, si intendano sviluppare forme di “turismo di comunità”.I Parchi Culturali Ecclesiali incarnano esattamente questa missione e possiedono esattamente questo carisma: dall’integrazione dei beni culturali ecclesiastici procedono rapidamente nella direzione di generare “comunità ospitali” e “itinerari di senso”, come laboratori concreti, volti a trasformare i valori e i principi in buone prassi, non soltanto ripartendo dal trattato di Lisbona della Comunità Europea, dal Manifesto dell’Accessibilità e dal successivo Libro Bianco, o dalla Convenzione di Faro del Consiglio d’Europa, ma agendo sui territori attraverso iniziative locali in grado di intervenire sulla realtà e strutturare reti che garantiscano informazione, accoglienza, trasporti e servizi come valore aggiunto per tutti. Per questo motivo un Parco Culturale Ecclesiale e chiamato a sensibilizzare le istituzioni locali e gli operatori culturali e turistici ad una visione nuova,aperta allo straniero e all’altro, sia esso mosso da motivi di svago e di turismo, che chiede al territorio forme di benessere, sia esso un migrante, un esule o un profugo, che chiede alla comunità una opportunità di salvezza e di futuro, sia esso una persona con abilità limitate, che esprime l’esigenza di integrazione e di appartenenza. La vita stessa, in fondo, è un pellegrinaggio. Siamo tutti migranti, chiamati ad essere stranieri e precari di fronte alle esperienze dell’esistenza. Ed è con questo spirito che i Parchi Culturali Ecclesiali si aprono alla società civile, come esperienza di pluralità da vivere quotidianamente, senza barriere, senza confini, stimolando l’incontro del singolo con l’altro, la condivisione con i gruppi sociali e con la comunità, la ricerca di qualcosa di superiore. Si tratta dunque, per la Chiesa, di andare oltre gli orientamenti contenuti nelle “Linee guida per il superamento delle barriere architettoniche nei luoghi di interesse culturale” redatte dal MiBACT . Certo, il tema di rendere accessibili i luoghi di culto rimane al centro di un impegno a rendere massimamente fruibile lo “spazio prezioso” (non si pone il tema dell’accessibilità.se prima non si affronta il grande tema delle forme di fruizione), ma la tensione deve saper andare oltre, riuscendo a condividere un’esperienza di gioia al fianco di chi vive le difficoltà del corpo e dello spirito. E’ quindi necessario pensare all’accessibilità come opportunità di partecipare alle esperienze di vita che i luoghi possono offrire, impedendo che le scelte personali siano orientate dalla mancata adeguatezza delle circostanze.

In occasione della Giornata Mondiale del Turismo 2016, dedicata proprio all’accessibilità, è stata condotta una ricerca molto specifica sull’accessibilità alle persone con disabilità delle ospitalità religiose, regione per regione, comprendendo sia le strutture di proprietà della Chiesa, sia le laiche specializzate nell’accoglienza di gruppi religiosi. Ne emerge un quadro che riscontra in questo tipo di strutture una media nazionale del 43% prive di barriere. Tra le regioni virtuose, il Friuli Venezia Giulia, la Puglia e l’Abruzzo, con punte del 72%; tra le meno attrezzate, la Calabria, la Valle d’Aosta e la Toscana, dove a fatica si supera il 25%. Un Paese che si presenta dunque “a macchia di leopardo”, con punte di eccellenza e motivi di arretratezza che richiedono un rinnovato impegno delle amministrazioni, delle imprese e delle comunità locali. Non si tratta di operare nella direzione di assicurare una cultura per tutti, o un turismo per tutti, ma una cultura e un turismo di tutti, con tutti. L’impegno richiesto per adoperarsi nella direzione della “accessibilità universale” dovrebbe riuscire a coniugare la tradizione italiana all’ospitalità con un universalismo che fa della fraternità, della comunione, della solidarietà, della centralità della persona il suo specifico, con orientamenti che si traducano in gesti e opere tangibili. Dall’analisi delle migliori prassi, dopo oltre due decenni di impegno sull’abbattimento delle barriere, appare possibile tracciare una modalità operativa coerente e possibile per i Parchi Culturali Ecclesiali. Da realizzare in tre distinte fasi.

Analisi di scenario: in considerazione del fatto che il numero delle persone in movimento e in costante aumento, anche da luoghi con culture completamente diverse, e che l’espressione dei bisogni degli individui diviene più evoluta, saremo chiamati sempre più spesso a confrontarci con le diversità.Non solo fisiche e non sempre permanenti: basti pensare alle allergie,alle intolleranze alimentari, alle diete vegetariane e vegane o semplicementealle persone in temporanea convalescenza da qualche trauma. Dobbiamo urgentemente e necessariamente diffondere e condividere la consapevolezza che le diversità sono uno straordinario fattore di ricchezza, umana e materiale. Non sono un vincolo, né un motivo per aumentare paure e nuove barriere, ma una straordinaria opportunità di crescita, personale, comunitaria e persino economica. Itinerari di senso: lo sviluppo delle nuove tecnologie rende possibile la creazione di pubblicazioni artistiche e culturali, così come di guide turistiche, rivolte a persone con esigenze speciali. Il medesimo territorio o luogo può attrarre persone con motivazioni di viaggio anche estremamente diversificate, pertanto risulterà sempre più efficace la segmentazione della domanda e la generazione di offerte coerenti e consapevoli. Da questo punto di vista, nulla può rispondere meglio degli itinerari, se sviluppati su una realistica attività di individuazione della reale fruibilità del territorio, con una attenta mappatura delle attrattività e dei luoghi in funzione dei segmenti individuati. Pianificazione degli interventi strutturali: dalla precedente azione di mappatura, saranno emerse numerose criticità su cui intervenire. Un ambito che non va ridotto all’esigenza di abbattere le barriere architettoniche ma esteso ad ogni altra forma di accessibilità, anzitutto culturale. Ecco perché questa fase vede, accanto alla pianificazione degli interventi necessari sulle infrastrutture, atti a garantire sicurezza e parità di accesso,un non secondario piano di interventi formativi per adeguare progressivamente il capitale umano.

Attraverso questo percorso, i Parchi Culturali Ecclesiali e ogni altro organismo interessato allo sviluppo ambientale, sociale ed economico delle comunità locali, potrà stimolarne direttamente la crescita, contribuendo ad elevarne gli standard di qualità della vita, a beneficio di tutti. Se ciò che distingue un luogo da un non-luogo è l’anima delle persone che lo vivono e che lo attraversano, promuovere coscienza collettiva significa creare strumenti fondamentali per proiettare la comunità locale verso il proprio futuro, aumentando l’autonomia degli individui, la loro realizzazione e il sentimento di appartenenza. In altre parole, le azioni da attivare vanno nella direzione di superare il concetto di diversità come elemento di frattura, di separazionee di isolamento, recuperando un senso di comunità che consenta a tutti e ciascuno di sentirsi parte di un percorso condiviso, anche se per nascita, per sorte, per scelta o anche solo temporaneamente, si vive una condizione di vita particolare.

* Federico Massimo Ceschin*

Segretario Generale di Cammini d’Europa - Rete di cooperazione internazionale Europea


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