Riuso ‘creativo’ degli edifici-chiesa di culto cattolico

L’edificio-chiesa non può essere considerato una generica opera architettonica: la sua funzione liturgica la qualifica fin dalla sua progettazione

Edilizia di Culto


Riuso ‘creativo’ degli edifici-chiesa di culto cattolico

di Daniela Concas

Dal secondo dopoguerra molti edifici-chiesa di culto cattolico per ragioni differenti hanno perso la loro funzione di luoghi di culto e sono stati adibiti a nuove destinazioni d’uso. Se in Italia il dibattito al momento è molto acceso a causa della forte influenza della Chiesa Cattolica e delle posizioni molto ‘conservative’ del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali, nel resto d’Europa è molto più facile che una chiesa sconsacrata sia acquistata da privati per essere trasformata. Un edificio inutilizzato ‘muore’ in breve tempo, in quanto è proprio la fruizione che ne garantisce la costante manutenzione e quindi la conservazione. Se, infatti, l’abbandono e il disuso portano all’inevitabile degrado, è altrettanto vero che anche una destinazione d’uso incongrua sotto il profilo delle caratteristiche architettoniche conduce ugualmente alla ‘perdita’ del bene.

In questi anni l’uso inadeguato è stato tra le principali cause di danneggiamento dell’architettura religiosa, considerata mero contenitore di attività. L’edificio-chiesa non può essere considerato una generica opera architettonica poiché la sua funzione liturgica la qualifica fin dalla sua progettazione, permanendo per sempre quale valore connaturato. L’autrice propone l’illustrazione tramite l’esemplificazione di casi italiani ed europei.

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